Buongiorno ragazzi! La passata è stata una settimana molto turbolenta essendo stata influenzata negativamente dalla Federal Reserve e dal suo presidente Jerome Powell. L’obiettivo di questa analisi è analizzare il comportamento che gli investitori hanno avuto durante e l’ora successiva la conferenza della Fed. Vi riporterò in breve i punti salienti e poi passeremo subito ad analizzare i grafici.
LE PAROLE DI POWELL Per quanto riguarda il tema riguardante l’economia e la sua ripresa, Powell dichiara che “gli indicatori dell’attività economica e dell’occupazione hanno continuato a rafforzarsi. I settori più colpiti dalla pandemia sono migliorati negli ultimi mesi, ma sono stati colpiti dal recente forte aumento dei casi di Covid-19”. Per quanto riguarda il tema sul mercato del lavoro e tasso di disoccupazione, ha dichiarato che “si è assistito ad un aumento di posti di lavoro solido tanto che il tasso di disoccupazione è “diminuito sostanzialmente”. Per quanto riguarda invece uno dei temi più sensibili dell’ultimo anno, ossia l’indice dei prezzi al consumo, il presidente ha affermato che “con un'inflazione ben al di sopra del 2% e un mercato del lavoro forte, il Comitato prevede che presto sarà opportuno aumentare i tassi”. Dobbiamo prestare maggior attenzione all’affermazione del presidente riguardante la possibilità che i prezzi (e quindi l’inflazione) potrebbero continuare a salire. Quest’ultimo dato, che tanto era stato considerato transitorio, sta iniziando a diventare preoccupante? La riduzione dei bilanci, inoltre, avverrà presto (non si è specificata una data certa). Quindi, riassumendo in breve, l’outlook nei confronti dell’economia statunitense è positiva visti i continui miglioramenti nel mercato del lavoro che, sulla stessa linea d’onda, hanno fatto abbassare il tasso di disoccupazione. Per questo motivo e per il fatto che l’inflazione inizi a diventare un problema (“inizia a diventare” per la Fed, credo che per i cittadini questo problema persista invece ormai da più di un anno) si prevede un aumento dei tassi di interesse (altro tema caldissimo degli ultimi mesi) in cui non si è precisato quando avverrà (verosimilmente a marzo). La conferenza stampa di Powell è datata al 26 gennaio. Vediamo ora le reazioni degli operatori sui due bechmark di riferimento (S&P500 e NASDAQ).
S&P500 E VIX, NASDAQ E VXN E DIVERSI SETTORI
Come potete ben osservare, entrambi gli indici, dall’inizio della conferenza stampa e per l’ora e mezza successiva (dalle 20 alle 21.30) hanno perso abbastanza terreno. In particolare, l’S&P ha perso un -2,9% circa mentre il Nasdaq un -3,6% circa; come mai il Nasdaq ha perso di più? A parer mio il motivo è da ricercare nelle parole di Powell relative alle preoccupazioni inflazionistiche: un’inflazione più persistente del previsto va a danneggiare maggiormente gli indici pesantemente growth, com’è appunto il Nasdaq, in quanto erode i guadagni futuri delle aziende. Guardando queste performance, appare chiaro che gli investitori abbiano mal digerito le dichiarazioni della Fed. Voglio fare un’analisi riguardante i volumi, in particolare quelli scambiati prima della conferenza stampa e quelli scambiati in contemporanea: notate nei rettangolini rossi (in basso) di entrambi i benchmark come, prima dell’evento, essi fossero abbastanza bassi. Sapete il motivo? Gli investitori stavano aspettando per poter prendere una posizione decisa, scommettendo, per dire, a conti fatti, e non ipotizzando le parole qualche ora prima. Per essere più chiaro, sappiamo quanto questi eventi siano in grado di destabilizzare un mercato, per cui che senso aveva per gli operatori scommettere ore prima sulle parole che avrebbe potuto dire Powell? Hanno aspettato e non hanno scommesso, e ciò è dimostrato dai bassissimi volumi di scambio. Alle 20 hanno iniziato a digerire le parole di Powell e allora sì che hanno aperto (o comunque chiuso) delle posizioni, e ciò è facilmente riscontrabile nell’aumento repentino degli stessi volumi evidenziati nei rettangolini di color azzurro. Questa quantità di contratti aperti in long o in short rappresenta l’emotività momentanea degli operatori, che poi si è andata a calmierare le ore successive, quando i prezzi di entrambi gli indici hanno continuato a perdere terreno. Con quest’ultimo appunto riguardo i volumi voglio trasmettere delle cose per me importanti: l’importanza di capire l’emotività e di quanto questa possa far schizzare il prezzo e come agiscono in generale gli operatori in questi particolari eventi: se non avete le idee chiare, state attenti a prendere delle posizioni, perché qualsiasi dato macro o qualsiasi intervento della Fed possono essere imprevedibili; e collegandoci all’emotività, era abbbastanza scontato che anche i due indici rappresentativi della stessa schizzassero per aria: VIX +18%, e VXN +10%.
ANALISI SETTORIALE Adesso andiamo invece a considerare le performance dei singoli settori:
Vi ho condiviso dei grafici orari, evidenziando con il rettangolino rosa le candele immediatamente successive alle dichiarazioni di Powell: molto male il settore tecnologico con un -2.34%, settore immobiliare (-2.33%), settore delle comunicazioni (-2.04%) e settore dei beni discrezionali con un -2.24%; si difendono meglio degli altri il settore delle utilities con un -0.74%, il settore dei beni di prima necessità con un -0.69% e il settore finanziario con un -0.9%. I restanti settori perdono tra il punto e il punto e mezzo percentuale. Ora focalizziamo l’attenzione sul motivo per il quale alcuni settori abbiano fatto peggio di altri: è un caso che il settore tecnologico e quello delle comunicazioni abbiano perso oltre 2 punti percentuali? No! Il motivo è da ricercare nelle componenti degli etf stessi: il settore tecnologico, nemmeno a dirlo, è pesantemente growth, e come spiegavo nel paragrafo precedente, è normale che gli investitori abbiano svenduto più contratti (o azioni, o abbiano chiuso operazioni long) di un settore che potrebbe essere più penalizzato di altri (viste le prospettive di inflazione persistente e aumento dei tassi di interesse); stessa cosa vale per l’etf XLC del settore delle comunicazioni: le prime tre partecipazioni dello stesso etf sono Meta, che occupa un peso del 22.36%, Alphabet inc classe A con un peso dell’11.28% e Alphabet inc classe C con un 10.5%. Queste tre partecipazioni, compattate con loro, costituiscono il 44.14%, quasi la metà dell’intero paniere; vediamo le performance orarie di queste 3 aziende:
Sono abbastanza negative, Meta arriva a perdere oltre 2 punti e mezzo percentuali. Ora capite perché XLC non è stato risparmiato dalle vendite? Comportamento anomalo da parte del settore Real Estate, che tipicamente va a performare bene in periodi di moderata/alta inflazione dal momento che gli immobili costituiscono di per sé una protezione contro la stessa vista la possibilità da parte dei possessori di immobili o edifici residenziali di distribuire l’aumento dei prezzi dei beni appena menzionati ai consumatori (per fare qualche esempio, un aumento dell’inflazione è accompagnata da un aumento dei prezzi delle case e degli affitti e grazie a questo i possessori riescono a distribuire tale aumento ai compratori). Ritornando a considerare le performance settoriali orarie post-FED , vi siete chiesti come mai il settore delle utilities, dei beni di prima necessità e finanziari sono quelli che hanno sofferto di meno? I primi due settori menzionati sono difensivi e value! Il fatto di essere difensivi conferisce loro una determinata protezione in giornate come quelle del 26 gennaio (ad alta volatilità); il fatto di essere value ha permesso agli stessi di essere meno soggetti alle parole di Powell riguardo i tassi di interesse e soprattutto nei riguardi dell’inflazione (perché questi due parametri vanno pesantemente ad influenzare le aziende ad alta crescita ma non quelle con un business forte e focalizzato sul presente come, appunto, le aziende e settori value). Lo stesso discorso vale per il settore finanziario, che è value ma non difensivo. Per dimostrarvi ciò che ho appena considerato, guardiamo le performance orarie del settore value e growth:
Come potete osservare, il value ha perso molto meno (-1.29% contro un -2.03%).
ANALISI DEL MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Adesso analizziamo il mondo obbligazionario prima e dopo la conferenza della FED. Vi condividerò due grafici: nel primo saranno visualizzati i rendimenti delle scadenze brevi della curva dei rendimenti (rendimenti dei titoli a uno, due, tre, cinque e sette anni), mentre nel secondo i rendimenti delle scadenze più lunghe; nel rettangolo di color rosa andrò ad evidenziarvi le candele formate dai titoli immediatamente e durante la conferenza:
Riagganciandomi alle diverse performance dei diversi titoli, vi voglio far notare diverse situazioni che chiarirebbero concetti che ho già ripetuto nelle mie idee precedenti: 1. Le scelte di politica monetaria vanno sempre ad influenzare maggiormente la parte breve della curva. Questo perché la parte breve è influenzata dalle aspettative per la politica monetaria della Federal Reserve: aumenta quando ci si aspetta che la FED aumenti i tassi e diminuisce quando ci si aspetta che i tassi di interesse vengano ridotti; questo è riscontrabile a livello grafico? Direi proprio di si! E’ dimostrato dal fatto che le scadenze brevi abbiano registrato incrementi tra il 4.5% e il 10%, mentre le scadenze lunghe tra il 2.3% e il 4.2%! In particolare, sono proprio i rendimenti a 2 anni ad essere più influenzati dalla politica monetaria, tant’è che risultano quelli con la performance maggiore (un massiccio +10%). Per logica, quindi, potevamo aspettarci che i rendimenti a più lunga durata registrassero performance meno importanti, e così è stato. Questi sono i migliori momenti per poter visualizzare se determinate informazioni da noi studiate nei libri siano effettivamente vere e riscontrabili, e io opero sempre in questo modo, andando a ricercare le “verità”. 2. I rendimenti a più lunga scadenza, soprattutto quelli di riferimento a 10 anni (considerati il bechmark) non rispondono direttamente alle decisioni della Fed, ma più ad aspettative sull’inflazione e alle leggi di domanda e offerta; ed è proprio per le aspettative sui prezzi al consumo che a parer mio hanno fatto quel movimento; dopotutto Powell si è dimostrato “più spaventato del solito” nei riguardi di questa tematica; è possibile che abbia spaventato gli investitori che, come lui, credevano nella transitorietà del fenomeno? E’ plausibile. 3. Lo stesso discorso che ho fatto per l’S&P500 e per il NASDAQ lo ripropongo anche per gli asset obbligazionari: vedete come le candele che hanno preceduto le 20:00 del 26 gennaio (le candele precedenti alla riunione della Fed) abbiano il corpo molto piccolo? Ciò significa “calma piatta”, riferita al fatto che gli operatori non avevano ancora preso delle decisioni o delle posizioni prima delle dichiarazioni di Powell. Anche il mondo obbligazionario, quindi, si è comportato come quello azionario; prestate molta attenzione a queste situazioni!
BITCOIN Per quanto riguarda le performance della crypto, cosa possiamo dire? Avevamo affrontato una discussione secondo la quale BTC si stesse correlando positivamente ai mercati azionari, in maniera particolare al settore tech:
Conoscendo questo tipo di correlazione, come vi immaginate che BTC si sia comportato? Quasi in maniera speculare allo stesso settore tech!
Focalizzate l’attenzione sul rettangolino azzurro (che evidenzia come negli altri grafici visti in precedenza l’arco temporale in cui è andata in onda la conferenza di Powell): vedete la grande correlazione positiva? Vedete come le performance siano state molto simili tra loro? Questa è l’importanza delle correlazioni: capirle è fondamentale in giornate di questo tipo. La domanda da farsi ora è questa: in quali mercati gli investitori hanno immesso la loro liquidità?
VALUTE RIFUGIO: YEN E FRANCO SVIZZERO Le valute rifugio per eccellenza sono state anche stavolta (come avevamo constatato nelle idee precedenti) un rifugio sicuro? Vediamolo in due grafici a timeframe 15 minuti:
La risposta è no! Stavolta anche esse, indistintamente, sono scese. Lo yen, tra le 20:00 e le 22:00 cade del -0.27% mentre il Franco, nello stesso arco temporale, del -0.36%. Anche in questo caso vi ho evidenziato i volumi prima e durante la conferenza: vale lo stesso discorso fatto per il mercato azionario e obbligazionario.
DOLLARO AMERICANO Il protagonista, stavolta, è stato il dollaro americano. Vediamolo in un grafico a 15 minuti e spieghiamo il motivo:
All’inizio della conferenza di Powell e per le due ore successive la valuta ha registrato un +0,37%, molto meglio rispetto a tutti gli altri asset visti fin’ora. Il motivo è da ricercare nell’effetto che gli aumenti dei tassi di interesse hanno nei confronti di una valuta: sapete che correlazione c’è? Non ne esiste soltanto una, ma diverse: 1. Tipicamente una banca centrale aumenta i tassi di interesse per andare a calmierare un’inflazione causata da una ripresa e successiva espansione economica. Gli investitori di tutto il mondo, chiaramente, preferiscono andare ad investire in un paese con un’economia in ascesa, sana e forte: questo significa che lo stesso paese andrebbe a subire un grande afflusso di capitali esteri. Acquistare un asset straniero significa chiaramente acquistarlo nella valuta locale: ciò si correla alla legge della domanda e dell’offerta: più moneta richiedo, più quella moneta andrà a rafforzarsi. 2. Ricollegandoci al fatto che i tassi di interesse vengono tipicamente alzati per calmierare un’economia in surriscaldamento, possiamo fare il discorso opposto per i tassi che vengono abbassati per andare a cercare di rafforzare un’economia in recessione; in questo caso come si comportano gli investitori? Tenderanno ad acquistare valute dei paesi con economie in espansione e a vendere valute dei paesi in recessione: è così quindi che si va ad operare su cambi valutari in cui una delle valute è considerata forte (con dei tassi di interesse positivi) e una debole (con dei tassi di interesse negativi). 3. I tassi di interesse vanno ad influenzare anche i forex-trader: diversi broker, alla chiusura delle contrattazioni, effettuano le cosiddette operazioni di swap: queste consistono in un versamento da parte a parte (da broker a trader) del tasso di interesse delle monete del cambio in cui si è aperto un trade. Facendo un esempio molto pratico: immaginiamo che io, Matteo Farci, abbia aperto una posizione long sul cambio Euro/Dollaro Usa. Assumiamo l’Euro con un tasso di interesse del 5% e il Dollaro con un 1%: io andrò a versare il tasso di interesse sulla moneta che ho venduto (ossia l’1%) e mi verrà versato il tasso sulla moneta che ho acquistato (il 5%): capite il vantaggio? Mi rendo conto che non è un argomento semplicissimo da capire, penso dedicherò un’analisi che focalizzerà l’attenzione nei riguardi questi concetti, in quanto è fondamentale capirli visto il fatto che tutte le banche centrali mondiali si stanno muovendo con le loro politiche monetarie.
LA REAZIONE DEI METALLI PREZIOSI Molto spesso sento dire che l’oro è una protezione contro l’inflazione e ciò potrebbe essere vero, nel lungo periodo. Il discorso è che se lo fosse stato anche nel breve, probabilmente alle dichiarazioni di Powell riguardanti la non transitorietà dello stesso fenomeno inflattivo il metallo prezioso si sarebbe dovuto apprezzare. Questo è successo?
Direi di no. Entrambi gli asset (l’altro è l’argento) hanno perso oltre il mezzo punto percentuale. La mia opinione riguardo a ciò trova diverse logiche: L’oro, nel breve periodo, non ti protegge dall’inflazione. La discesa è dovuta all’apprezzamento del dollaro USA che abbiamo analizzato nel paragrafo precedente (l’oro è scambiato in dollari, per cui se il dollaro aumenta il suo valore va a sfavorire gli investimenti sul gold da parte di investitori detentori di altre valute, perché andrebbero a pagare di più per acquistare la stessa quantità di contratti). Prestate attenzione alla correlazione inversa tra i rendimenti dei titoli di stato reali (rendimenti nominali aggiustati all’inflazione) e l’oro stesso, che trovate in questa grafica:
E’ chiaro che se il valore sul dato dell’inflazione rimane costante e invariato mentre il rendimento a 10 anni, come abbiamo visto prima, schizza per aria l’oro per, appunto, la correlazione inversa, sarebbe sceso in quasi ugual proporzione, e ciò è riscontrabile nel grafico FRED che vi ho condiviso! Aprite in particolare questo link e andate a selezionare il 26 gennaio:
Vedete quanto la correlazione sia inversa? Per quanto riguarda invece l’argento, esso ha seguito sostanzialmente il movimento dall’oro, da cui è da sempre influenzato.
I MERCATI HANNO RAGGIUNTO IL BOTTOM? La preoccupazione di diversi operatori in questo momento è: il mercato ha raggiunto il suo minimo? Adesso risalirà? Rivedremo i massimi storici? A parer mio è difficile da dire e da prevedere. Quello che posso dire è che, a causa dell’alta volatilità, né l’S&P500 tantomeno il NASDAQ hanno avuto una settimana con una vera e propria direzionalità infatti, come vedrete nei due grafici giornalieri in basso, il prezzo si è mosso all’interno dei rettangolini da me colorati di color rosa:
Quello che ho appena evidenziato è più chiaro in dei grafici a timeframe più bassi, come quelli orari, in cui possiamo notare altre cose interessanti:
Innanzitutto entrambi i grafici sono molto simili tra loro; i due prezzi hanno formato nell’ultima settimana una lateralizzazione; c’è da chiedersi se esso sarà un consolidamento (se il prezzo romperà il rettangolo di congestione verso l’alto) o una distribuzione (se esso lo romperà verso il basso). Come potete osservare, ho tracciato in entrambe le lateralizzazioni l’intervallo fisso volumetrico, il cui point of control mi visualizza l’area di prezzo in cui sono stati scambiati più volumi; è evidente che il prezzo si stia pian piano gonfiando, e quella indicata con il point of control e l’area in cui si sta combattendo la guerra tra compratori e venditori. Inoltre vi ho visualizzato i volumi: vedete come essi siano molto più accentuati quando il prezzo arriva in corrispondenza delle strutture di supporto e resistenza della lateralizzazione? Ciò sta ad indicare che sono delle aree di prezzo in cui tanti attori del mercato reagiscono, e ciò si riflette appunto sui volumi stessi. Unica eccezione la zona volumetrica indicata in entrambi i grafici con il rettangolino verde, in quanto è l’unica area in cui i volumi sono rimasti molto bassi nonostante in prezzo fosse sulla resistenza: questo è dovuto al fatto che in quelle ore di contrattazioni i mercati statunitensi fossero chiusi e di conseguenza gli operatori a mercato risultassero molti meno. Da questa analisi oraria abbiamo quindi capito come i minimi toccati dai due bechmark siano molto importanti. Vi voglio però riportare gli stessi grafici a livello settimanale per farvi notare un qualcosa di molto importante:
Ho condiviso prima il settimanale dell’S&P e successivamente quello del Nasdaq; è interessante notare che tracciando il visible range in entrambi i benchmark dalla candela settimanale del rimbalzo di marzo 2020 dopo il crollo dei mercati causati dalla pandemia e l’ultima settimana terminata il 28 gennaio 2022, ci rendiamo conto che il point of control (come vi ho spiegato prima, l’area di prezzo in cui sono scambiati più volumi) si trova al di sopra di entrambi i prezzi. Per la mia visione dei mercati, potrei quindi affermare che vedrei il prezzo più in alto le prossime settimane soltanto se entrambi gli indici riuscissero a chiudere con una candela settimanale al di sopra dello stesso point of control. E come ultima cosa, non dimentichiamoci la volatilità. Statisticamente, a volatilità considerevoli, un mercato tende a scendere e non a salire, e queste grafiche ne sono la prova:
Vedremo quindi se questi “indici di paura” vedranno una discesa. L’analisi termina qua. So che probabilmente è stata lunga, ma determinati concetti, a parer mio, non possono essere spiegati in due righe e anzi, se proprio devo essere sincero, avrei potuto continuare a scrivere altre 50 pagine. Volevo comunque trasmettervi le mie conoscenze che, in giorni come questi, possono aiutarvi a leggere meglio i mercati; è importante capire cosa succede ma soprattutto perché succede, e io cerco sempre di spiegare grazie a studi e logica la psicologia che sta dietro i mercati. Inoltre ci aspettano dei periodi in cui le banche centrali del mondo non interverranno con le loro politiche monetarie una volta, bensì diverse! Ed è proprio per questo che è fondamentale sapere come muoverci e, determinate volte, capire quali potrebbero essere le mosse dei mercati, attraverso analisi macro, correlazioni, volumi e volatilità potrebbero permetterci di guadagnare di più e/o limitare le perdite. Spero di essere stato chiaro, qualora non lo fossi stato cercatemi in privato su Instagram o tradingview, o commentate l’idea. Volevo aggiungere inoltre che ho intenzione di creare un canale personale in cui condividerò tante altre idee riguardanti i mercati finanziari. Vi comunicherò quando il progetto sarà ultimato, rispettando chiaramente le linee guida imposte da tradingview.
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